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Formazione & Corsi

Tratto dall'introduzione dell'opuscolo diocesano che trovate completo in calce al presente.

benedizione2021Cari catechisti, accompagnatori, educatori e parroci,

ormai da anni il nostro Ufficio propone alcuni appuntamenti di formazione; tutti abbiamo in mente il paginone sulla Difesa di agosto o il libretto stampato a colori. Poi è arrivato il covid; così l’anno scorso abbiamo fatto un foglietto semplice, con pochissime proposte – molte delle quali, tra l’altro, non si sono poi concretizzate. E quest’anno? Come ci muoviamo?
Da ogni parte si è sentito dire: il covid ci ha insegnato l’importanza delle relazioni!

Bene, per non perdere questo insegnamento vorremmo dedicare nei prossimi mesi più tempo, spazio ed energie proprio a (ri)costruire relazioni. Affinché non rimanga solo un bel proposito, vi indichiamo di seguito alcune scelte che abbiamo fatto come Ufficio (insieme al Consiglio e alle equipe) e che vi proponiamo.

Vogliamo iniziare con calma sapiente: da settembre a novembre 2021, alcuni concluderanno i percorsi che sono stati interrotti l’anno scorso li concluderà; agli altri suggeriamo di non avere fretta di ricominciare subito tutto com’era prima.

Già nel 2020 la CEI – Ufficio Catechistico Nazionale, nel documento Ripartiamo insieme a p. 8 faceva questa proposta: «si potrebbe attendere l’inizio dell’anno liturgico ed iniziare gli incontri con l’Avvento, dedicando i mesi precedenti alla formazione, all’ascolto, alla cura dei legami». Che ne dite? Attendiamo anche noi l’Avvento per il percorso di Iniziazione Cristiana?
Ciò non significa che prima non si fa nulla! Piuttosto, dedichiamo le settimane di ottobre e novembre all’ascolto e alla cura dei legami.

  • Per i catechisti, gli accompagnatori e gli educatori: queste settimane sono un tempo propizio per ricontattare i ragazzi e le loro famiglie (specialmente quelli che negli ultimi mesi non hanno risposto); per orga-nizzare momenti in cui stare insieme, raccontarsi come stiamo, cosa è cambiato nella nostra vita; tessere di nuovo o rinforzare quelle relazioni che il covid e il ritmo frenetico delle nostre vite rischia di sfilacciare.
  • Per i parroci, i coordinatori vicariali e i referenti parrocchiali: queste settimane sono un tempo propizio per mettersi in ascolto di catechisti, accompagnatori ed educatori; per ricompattare le equipe; per lenire le ferite lasciate da due anni troppo duri; certo per coprire i posti lasciati liberi, ma anche per mantenere le relazioni con coloro che non se la sentono di rinnovare la disponibilità.
  • Per tutti: proponiamo che ogni vicariato individui almeno mezza giornata per trovarsi insieme, per ascoltarsi, per confrontarsi sulle scelte fatte nel tempo delle chiusure a causa covid e sulle scelte che si intendono fare per il prossimo anno pastorale. Questo momento sarà curato dai coordi-natori vicariali insieme al presbitero referente per la catechesi e ai vicari foranei; per chi lo desidera, l’Ufficio ha preparato una traccia di lavoro ed è disponibile a dare una mano con la presenza di qualcuno.

Ci lasciamo accompagnare anche noi, con tutta la Diocesi, dalla figura di Abramo; sulla parola del Signore, ci fidiamo e partiamo, avendo ben chiaro l’augurio che Dio gli ha rivolto: «e possa tu essere una benedizione» (Gen 12,4).
Si realizzi per ciascuno di noi! Buon cammino, dunque!

Vi accompagniamo volentieri e con affetto.
don Carlo Broccardo, Silvia Sandon e le equipe diocesane

 

 

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Le nostre comunità organizzano due

INCONTRI PER COPPIE

che si terranno ON LINE.

incontrocoppie2021Sarà offerto un momento di approfondimento, un po’ di gioco e un tempo per la condivisione, il tutto rimanendo comodamente a casa!

Martedì 23 febbraio ore 21.00 - 22.30
Martedì 9 marzo ore 21.00 - 22.30

Iscrivetevi entro il 21 febbraio
scrivendo nome e cognome dei partecipanti
a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

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tentazioneSicuramente il cambiamento che ha avuto un impatto maggiore nella nuova traduzione del Messale è quello del Padre nostro. Siamo invitati a non dire più «e non ci indurre in tentazione», ma «e non abbandonarci alla tentazione». Perché questo cambiamento? È giusto? Ma allora era sbagliato quello che dicevamo prima?

Mi metto nei panni di un parroco che deve rispondere ai suoi parrocchiani, oppure di un catechista che ne parla con i ragazzi o i genitori che accompagna. La prima cosa che farei è tranquillizzare: non è cambiato l’originale, né del messale (che è in latino) né dei vangeli (che sono in greco); si tratta solo di una nuova traduzione italiana, più vicina al linguaggio e alla sensibilità dei nostri giorni. Ogni lingua infatti col tempo cambia; l’italiano di oggi non è quello di Dante e Petrarca, ma neanche esattamente quello che parlavano i nostri nonni (ammesso che parlassero italiano…).

L’evangelista Matteo, quando scrive le parole del Padre nostro (cfr. Mt 6,13), usa un verbo composto, che alla lettera significa «condurre dentro»; potremmo tradurre così l’invocazione della preghiera del Signore: «e non condurci dentro la tentazione». Nei primi secoli del cristianesimo, quando si è tradotto la Bibbia e la Liturgia in latino, si è pensato di usare il verbo inducere, che significa proprio «introdurre», «far entrare». È stato facile, passando all’italiano, rendere il latino inducere con il verbo «indurre». Ecco spiegato perché abbiamo pregato per decenni dicendo: «e non ci indurre in tentazione».

Oggi però, in qualunque dizionario della lingua italiana, troviamo scritto che il verbo «indurre» ha un significato negativo; ci fa pensare a qualcuno che cerca di farci fare qualcosa di sbagliato, contro la nostra volontà. L’italiano, cioè, ha perso quel significato che era prevalente in latino e prima ancora in greco; non diremmo mai, per esempio, che gli amici del paralitico «cercavano di indurlo e di metterlo davanti a Gesù», (Lc 5,18). Eppure in greco c’è lo stesso verbo del Padre nostro; ma in italiano lo abbiamo tradotto con «cercavano di farlo entrare». La traduzione precedente della preghiera di Gesù, quella che tutti abbiamo già a memoria, non era dunque sbagliata; però è imprecisa, perché non rende più il significato originale, quello che c’è nei Vangelo secondo Matteo e Luca. È l’italiano che è cambiato, non i Vangeli.

La domanda che ci poniamo è dunque: qual è l’idea che sta sotto all’invocazione che Gesù ci insegna e come renderla bene in italiano? Gesù ci insegna a chiedere al Padre che non ci faccia entrare nella tentazione: è un modo con cui si esprime non tanto l’idea che sia Dio a condurci (o non condurci) nelle sabbie mobili della tentazione, ma che lui ci può aiutare a non finirci dentro. Non abbandonarci nelle mani della tentazione, non lasciarci soli se vedi che stiamo entrando nel bosco scuro della tentazione. «Non abbandonarci alla tentazione» non è una traduzione letterale, ma rende bene il senso dell’invocazione di Gesù, “tradotto” nel nostro contesto culturale e teologico. Come dice la lettera di Giacomo, «nessuno, quando è tentato, dica: “Sono tentato da Dio”; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno. Ciascuno piuttosto è tentato dalle proprie passioni, che lo attraggono e lo seducono» (Gc 1,13-14); in questa lotta per non cadere nella tentazione, chiediamo al Padre che sia al nostro fianco. Nelle prove, nelle difficoltà, quando vedi che il maligno ci tenta, non abbandonarci, ma liberaci dal male; rimani con noi, lotta con noi, perché sei nostro Padre. E senza di te non possiamo far nulla.

(Testo tratto da Lettera Diocesana 2020/08)

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