Sagra de Voltesea 2023
Sagra de Voltesea: oltre ai «veterani», saranno accolti a braccia aperte nuovi volontari::per adesioni rivolgersi a Sonia al 347 416 4047.
L’incontro dei volontari si terrà venerdì 8 settembre ore 21:00 in Sala Polivalente.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Colpisce vedere Gesù seduto a tavola con peccatori e pubblicani, un fatto che andava contro la legge. In quel tempo infatti i giudei vivevano separati dai pagani e dai peccatori e non mangiavano con loro allo stesso tavolo. Gesù invece invita i giudei cristiani a rompere questo isolamento e mettersi a tavola con i pagani e con gli impuri. Egli infatti è venuto per unirci e con grande misericordia a liberarci dal peccato.
Donaci, o Padre, la capacità di saper accogliere nelle nostre comunità quanti vivono nella emarginazione.
Sagra de Voltesea: oltre ai «veterani», saranno accolti a braccia aperte nuovi volontari::per adesioni rivolgersi a Sonia al 347 416 4047.
L’incontro dei volontari si terrà venerdì 8 settembre ore 21:00 in Sala Polivalente.
Domenica scorsa, 23 aprile i ragazzi del gruppo Betsaida di Voltabrusegana hanno ricevuto la consegna del Credo.
Credo Simbolo, atto o professione di fede sono i diversi modi di chiamare quella formula con cui Noi Cristiani dichiariamo agli altri ed al mondo quali sono i pilastri della nostra vita, quello in cui ci riconosciamo.
Per sintetizzare il percorso svolto durante l’anno e raffigurare creativamente il simbolo della nostra fede, i ragazzi hanno realizzato un piccolo lavoro:
• un vaso… la chiesa, tutti noi,
• la terra… il Padre, creatore,
• un germoglio… il figlio salvatore
• ed una girandola… il vento, uno degli elementi con cui rappresentiamo lo spirito Santo, l’amore di Dio
Durante la celebrazione, abbiamo spezzato, rotto, un piatto in terracotta con raffigurato da un lato Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo ed i nomi di tutti i partecipanti del gruppo a rappresentare la Comunità Cristiana e Chiesa; dall’altro i testi del Credo, quello degli apostoli (Simbolo degli Apostoli) e quello Niceno-Constantipolitano. Ad ogni uno dei partecipanti al gruppo ne è poi stato consegnato un pezzo alla riscoperta del significato della parola Simbolo.
Simbolo deriva dal greco sýmbolon, con il significato di segno di riconoscimento. Era pratica diffusa fra coloro che stipulavano un contratto o un accordo scambiarsi un "simbolo", spesso una moneta o un sigillo spezzati, conservandone un pezzo ciascuno. I due pezzi dell'oggetto, gli unici che potessero combaciare perfettamente, avrebbero fornito ai contraenti (ma anche ai loro eredi) la garanzia di riconoscersi in futuro. Ognuno di questi due pezzi veniva detto simbolo.
Da ciò derivano i Simboli cristiani come professione di fede e come segno di riconoscimento fra le prime comunità cristiane. Formule brevi, facili e precise, che dovevano servire a "riconoscersi" come comunità e a mantenere l'uniformità della fede.
Un grande ringraziamento a Don Mattia per la celebrazione e la disponibilità dimostrata, a Don Marco per l’incontro del Sabato, al coro che con maestria ha saputo rendere il momento molto accattivante e leggero assecondando le richieste un po’ pazzerellone di noi catechisti, ed a quanti hanno partecipato in diversi modi per la riuscita di questo splendido momento.
Accompagnatori gruppo Betsaida.
Durante la veglia pasquale del Sabato Santo i ragaz-zi del gruppo Gerusalemme di Voltabrusegana han-no vissuto e ricevuto i sacramenti della Conferma-zione e prima Comunione portando a compimento il loro percorso di iniziazione cristiana (travagliato a causa della pandemia) e vivendo intensamente, in-sieme alle loro famiglie e a tutta la comunità, il Tri-duo pasquale. La festa è continuata con il ringrazia-mento domenica scorsa durante la celebrazione delle 11.00.
Il calore di quella serata, ognuno di noi lo ha potuto sentire e vedere in questi ragazzi emozionati e pronti a ricevere lo Spirito Santo. È stato un mo-mento commovente e coinvolgente accompagnarli ai sacramenti nella notte in cui si ricorda quando tutto ha avuto inizio. Avendolo vissuto negli anni da mamma, con i miei figli, e poi da catechista, sono sicura che questo resterà un ricordo meraviglioso e indelebile in tutte le persone che hanno reso possibile questo importante traguardo.
Ora per questo gruppo è arrivato il momento di passare dalla Comunità dei ragazzi alla Comunità dei giova-ni, dove conosceranno la fraternità toccando e sperimentando nuove esperienze. Vi auguriamo una buona continuazione per questo nuovo cammino o, per meglio dire, per la continuazione del cammino.
Per un catechista e un animatore iniziare un cammino è una gioia immensa, ma doverli lasciare dopo averli accompagnati per anni è difficile, perché ognuno di questi bambini, ormai ragazzi, ci regala il proprio sorri-so, la propria semplicità e curiosità che resteranno nei nostri cuori per sempre.
Un ringraziamento al “collega” Matteo e a tutti gli animatori di questo gruppo che hanno camminato con me in questi anni. A Sofia, mia figlia, che mi ha convinta a ricominciare, ma soprattutto i miei ringraziamenti vanno a tutta la comunità di Voltabrusegana, dai catechisti al coro, da chi dopo il lavoro veniva a darci una mano ai genitori che contribuiscono sempre con il loro fondamentale aiuto nella realizzazione di ogni even-to. Grazie anche a Francesco Zaggia che mi ha subito appoggiato contribuendo, insieme a suo fratello, a rendere la sala polivalente accogliente offrendoci delle piante meravigliose.
Anto e lo staff Gerusalemme
Svegliatevi, ci suggerisce San Paolo, perché il Signore è più vicino ora di quando diventammo credenti, il Signore è ogni giorno più vicino perché ogni minuto che passa si avvicina il momento in cui lo incontreremo. Svegliamoci per evitare che il Signore passi senza che ce ne accorgiamo! A volte infatti le cose che accadono nella nostra vita, ma non siamo pronti ad accoglierle.
Dio è venuto verso (adventum) di noi, altrimenti non saremmo vivi, ci ha amati e continua a farlo: è colui che continuamente ci viene incontro. Noi, d’altra parte, siamo per nostra natura, coloro che accolgono, perché siamo mancanti in quanto creature: ci portiamo dentro quel vuoto costitutivo che fa di noi coloro che accolgono. C’è in noi lo spazio per ricevere Dio.
Se non ci svegliamo e non prestiamo attenzione a quello che sta accadendo dentro di noi e intorno a noi, ci ritroveremo travolti dal diluvio senza esserci accorti che ha cominciato a piovere, senza accorgerci che il tempo stava di-ventando brutto, sottovalutando le prime gocce. È meglio individuare dov’è l’arca in cui ripararci dal diluvio. Quell’arca è la relazione con Dio, per questo i Padri hanno visto nell’arca una prefigurazione della Chiesa che accoglie e custodisce.
Dobbiamo svegliarci perché non sappiamo mai quello che può avvenire nella nostra vita: possiamo essere presi o lasciati. La vita è segnata dall’incertezza, solo noi possiamo fare la differenza.
Oggi la liturgia ci consegna una prima via per svegliarci: Isaia ci invita a trasformare le spade e le lance, cioè gli strumenti della guerra, in aratri e falci, cioè in attrezzi che servono per coltivare, per generare vita. Per lo più nella nostra vita maneggiamo quotidianamente spade e lance, riversiamo le nostre energie sui conflitti, cerchiamo di difenderci e di attaccare, ma dove ci porta questa violenza a prescindere? Ci sono tante forme di violenza: possiamo essere violenti anche con il silenzio, con i giudizi, con l’indifferenza. Isaia non ci chiede di buttare via le spade e le lance, perché in fondo rappresentano quell’energia che ci abita, forse sono persino il segno di una voglia di vivere che però stiamo usando male o per fare il male a noi stessi e agli altri.
Occorre svegliarsi! Prendere consapevolezza delle armi che ho nelle mie mani e decidere di trasformare gli strumenti di morte in risorse di vita: la mia rabbia può diventare energia per affrontare le difficoltà della vita, i miei senti-menti possono diventare occasione di compassione piuttosto che essere fonte di rancore, i miei pensieri possono diventare un modo per elaborare strategie di vita piuttosto che rimanere a rimuginare sulle strategie di vendetta.
Il Signore oggi ci apre una via, ma dobbiamo svegliarci per riuscire a vederla!
Gaetano Piccolo
(leggi la meditazione completa su https://cajetanusparvus.com/2022/11/25/salve-sono-la-realta-traumatici-risvegli/)
A cosa pensiamo quando coniughiamo il verbo ‘salvare’? In realtà lo usiamo spesso nel linguaggio comune: ci affrettiamo per esempio a salvare i nostri documenti sul computer o nella memoria esterna, ci consoliamo quando la nostra squadra si salva evitan-do la retrocessione, ci siamo salvati quando eravamo impreparati e il professore ha interrogato qualcun altro al posto nostro! Sembra quindi che nel linguag-gio comune salvare significhi riuscire a tenere sotto controllo, evitare di rovinare la propria immagine, vuol dire non fallire e superare le prove.
Ma sàlvati vuol dire non perderti, non fallire, dimostra quanto vali! Nella gara della vita cerchiamo di salvare intanto noi stessi. È la competizione che impariamo fin da piccoli: siamo programmati per salvarci, anche a scapito degli altri. Dobbiamo sempre dimostrare di non essere inadeguati.
Gesù è Re perché declina diversamente questo verbo: Gesù non è ossessionato dal proprio io, non è schiavo delle attese degli altri, ma si preoccupa innanzitutto di salvare gli altri. Non mette se stesso prima degli altri. Se torniamo indietro, quando Gesù incontra la tentazione che gli suggerisce di trasformare le pietre in pane, cioè di pensare alla sua legittima fame, Gesù si rifiuta, mangerà con gli altri, insieme agli altri. Gesù è Re perché non è schiavo del pro-prio io, è l’uomo libero per eccellenza!
In effetti, in quell’occasione, il tentatore aveva detto che sarebbe ritornato al momento opportuno (Lc 4,13). Torna infatti nel momento in cui Gesù è più debole: nella passione, nella sofferenza, nell’abbandono, nella delusione. E nel momento più difficile la tentazione torna proprio sotto la forma dell’auto-salvezza. Nei momenti di difficoltà infatti siamo indotti a pensare prima di tutto a noi stessi: diventiamo schiavi delle preoccupazioni del nostro io.
Per liberarsi dalla schiavitù del nostro io occorre fidarsi, occorre cioè lasciarsi salvare. Gesù si fida del Padre, si con-segna nelle sue mani. Ma nel testo di Luca c’è qualcuno che ha già imparato: il ladrone si lascia salvare. Riconosce che ha bisogno di Dio, si rende conto che da solo non può affrontare quella battaglia, capisce che da solo non ce la fa.
Consegnarci nelle mani di Dio, ci libera dalla schiavitù del nostro io e ci rende Re della nostra vita: diventiamo liberi! Diventiamo liberi come Colui che sconvolge le nostre attese e, pur essendo debole, conclude la sua vita non tra due discepoli, non su un trono regale, ma sulla croce in mezzo a due ladroni, forse per aiutarci a capire che è lì che vuole stare, in mezzo a dei peccatori come noi.
Gaetano Piccolo
leggi la meditazione completa su https://cajetanusparvus.com/2022/11/18/pensa-prima-a-te-lossessione-per-il-proprio-io-a-portata-di-mano/
Sebbene sia stato un gesto certamente eroico, l’immagine dell’orchestra del Titanic che suonò fino alla fine, mentre il transatlantico si inabissava, resta un’emblematica immagine di un mondo che non vuole vedere quello che sta avve-nendo. Succede infatti che nei tempi di crisi siamo maggiormente indotti a cercare situazioni che ci possano distrarre. Si tratta di un meccanismo di difesa che automaticamente mettiamo in atto, ma che nello stesso tempo rischia di impedire che ci attiviamo per trovare delle risor-se adeguate che potrebbero aiutarci ad affrontare la crisi.
Alcuni esperti sostengono che la musica dell’orchestra del Titanic avrebbe creato tra i passeggeri un clima di sicurezza tale da rallentare le procedure per mettersi in salvo. Anzi, in ogni tempo di crisi ci sarà chi metterà in scena spettacoli allettanti per impedire che vengano identificati i responsabili del naufragio.
Accade altrettanto anche nelle crisi personali e relazionali, quando siamo tentati di portare la nostra attenzione su altro pur di non prendere consapevolezza di quello che sta avvenendo: è una reazione che ci permette di evitare la sofferenza del momento, ma che non risolve il problema, anzi, molte volte, lo complica e lo aggrava.
Anche nel testo del Vangelo di Luca di questa domenica, che ci porta all’interno del discorso escatologico, cioè del discorso sui momenti finali, quelli appunto della crisi, troviamo i discepoli che sono rapiti, e distratti, dall’ammirazione per le belle pietre del Tempio. Al contrario, Gesù vorrebbe aiutarli a diventare consapevoli del loro tempo. Li invita a guardare i segni dei tempi che segnalano l’evolversi degli eventi e preannunciano la fine.
Il tempo della crisi è un tempo apocalittico, cioè, come dice la parola, rivelativo. Nella crisi siamo scoperti, messi a nudo. Ciascuno viene fuori per quello che è. I discepoli, per esempio, si scoprono paurosi ed egoisti: chiedono a Gesù quando sarà la fine e, soprattutto, come possono capire quando è il momento di tagliare la corda: «quale sarà il segno?» (Lc 21,7). Nel tempo della crisi, molti, come i discepoli, penseranno prima di tutto a se stessi. Nelle situazio-ni difficili, le persone dimenticano il bene comune e cominciano a calcolare come salvaguardare i propri interessi. Ecco perché, nei periodi di crisi, è difficile trovare una politica che si preoccupi del bene comune.
Forse anche tra noi c’è chi continua a guardare le belle pietre o vuole che noi continuiamo a guardare le belle pietre per non diventare consapevoli dei segni della crisi e della nave che affonda. Questo Vangelo può essere un invito a svegliarci e a organizzarci per provare a trovare delle strategie per affrontare la crisi, senza mai perdere l’intima con-vinzione che il Signore è con noi e non abbandona la nave senza prima averci messo in salvo.
Gaetano Piccolo
leggi la meditazione completa su https://cajetanusparvus.com/2022/11/11/si-salvi-chi-puo-la-crisi-ci-rivela/
Festive
Domenica ore 8.30 e ore 11.00
Feriali
Lunedì ore 18.30
Venerdi ore 18.30
Festive
Sabato ore 18.30
Domenica ore 7.30 e 10.00
Feriali
Martedì ore 18.30
Mercoledì ore 18.30
Giovedì ore 18.30
Tutti i giorni alle 18.00 nella chiesa in cui è celebrata la messa
Dal lunedì al sabato alle 7.30 nella chiesa di Voltabrusegana e alle 8.00 in quella di Mandria
Sabato dalle 15.00 alle 16.30 nel confessionale della chiesa di Mandria
Venerdì dalle 16.00 alle 21.30
nella cappellina di Mandria
Per richiedere la celebrazione di una messa
inviare un'e-mail a redazione@voltamandria.it
indicando giorno, ora della messa
e nome del defunto da ricordare