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Comunità

scenzafedeCome ama ripetere l’illustre professor Zichichi:

«per capire cos’è la Scienza, bisogna innanzitutto chiedersi: com’è nata? Da un atto di Fede o da un atto di Ragione? Ai tempi di Galileo Galilei, le pietre, gli spaghi e i legni erano considerati oggetti volgari. Cose cioè non degne di essere studiate. “Voglio studiare gli oggetti volgari”, diceva Galilei, “perché in essi c’è la mano del Creatore […]”. Ed ecco il punto cruciale: cosa ne sapeva Galilei che, studiando gli oggetti volgari, sarebbero venute fuori le Leggi Fondamentali della Natura?»[1].

«La Scienza nasce da questo atto di umiltà intellettuale: dare a oggetti volgari dignità culturale, studiandoli. Questa umiltà intellettuale aveva in Galilei radici profonde: la Fede nel fatto che in ciascun oggetto, fosse esso volgare o inutile, ci doveva essere la mano del Creatore»[2].

«La Bibbia - diceva Galilei – è la parola di Dio. La Natura è, invece, la sua scrittura»[3]. Dunque, cos’è la Scienza? È quella disciplina che verifica sperimentalmente le possibili soluzioni di un problema. «Riuscire a fare un esperimento di stampo galileiano e scoprire una verità scientifica, corrisponde a saper porre una domanda e ad avere la risposta giusta da Colui che ha fatto il mondo. È come mettersi a colloquio con il Creatore».[4]

Distinguiamo poi tra scienza e tecnologia, ovvero l’applicazione della Scienza. La tecnologia può essere impiegata per scopi utili all’umanità e scopi distruttivi. Basti pensare alla scoperta del nucleo degli atomi, da parte di Rutherford e all’equivalenza tra massa ed energia, da parte di Einstein, quindi alla nefasta applicazione tecnologica di tali scoperte con le bombe che distrussero Hiroshima e Nagasaki.

Qualcuno sostiene che siamo figli del caos: anche per questo ci sono centinaia di laboratori e di studiosi al mondo che tentano di dimostrare come dal caos possa generarsi un sistema ordinato e come da materia inerte possa essersi generata la materia vivente, ma nessun risultato convincente è stato trovato[5].

Ma veniamo a noi, alla situazione attuale. «La storia, nel tempo, ha visto l’avvicendarsi di diverse pandemie. Solo dal 1500 ad oggi, se ne contano più di sette provocate da virus di diversa natura, che hanno causato nel tempo migliaia di morti e danni fisici permanenti»[6]. La scienza da tempo studia il meccanismo di azione dei virus: il primo fu Pasteur, un chimico che aveva intuito che c’era qualcosa che sfuggiva ai sui occhi, qualcosa di infinitamente piccolo, ma assolutamente definito e con un meccanismo di azione preciso. E fu proprio tramite una serie di esperimenti, che Pasteur riuscì a confermare il meccanismo d’azione da lui intuito.

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Mercoledì delle Ceneri

ceneriAccogliamo questa Parola di Dio Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Invochiamo ispirati dalle parole di San Francesco: O alto e glorioso Dio, illumina le tenebre del nostro cuore. Dacci una fede retta, speranza certa, carità perfetta e umiltà profonda.

Dal libro del profeta Gioele (2,12-18)
Così dice il Signore: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all'ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male». Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio. Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un'assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo. Tra il vestibolo e l'altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti». Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov'è il loro Dio?». Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo.

Dal Salmo 50
RIT: Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.

 

• CONSEGNA
Il digiuno può apparire come un segno antiquato o relegato al mondo delle diete, è invece una occasione preziosa per riscoprire l’essenziale… come il dialogo su temi importanti.
Consigliamo di riunirsi come famiglia o con qualche amico – con tutte le attenzioni previste - per un semplice momento di condivisione, a partire dal racconto di come si sta vivendo questo lungo periodo sotto il segno pesante e doloroso della pandemia.
o Spunti preziosi su cui avviare la chiacchierata si trovano nella pagina web www.diocesipadova.it/iorestoacasaepenso
o Specificamente per le famiglie, vi sono materiali in www.ufficiofamiglia.diocesipadova.it

• ASCOLTO MUSICALE
Tempo di ricominciare (Gen Verde), è il tempo del perdono di Dio, per uno slancio di vita più autentica.
youtu.be/diOqi4SBYyY

tratto da QUARESIMA DI FRATERNITÀ 2021 - UFFICIO MISSIONARIO DIOCESANO - PADOVA 

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17 FEBBRAIO

MERCOLEDÌ DELLE CENERI

CELEBRAZIONI CON IMPOSIZIONE DELLE CENERI:
ore 16.30 nella chiesa di Voltabrusegana;
ore 20.30 nella chiesa di Mandria (non sarà celebrata la messa delle 18.30)

 

ceneri2021Giorno di digiuno

I fedeli cattolici sono tenuti contemporaneamente sia al digiuno ecclesiastico sia all’astinenza dalle carni due volte l’anno, il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo. L’obbligo del digiuno inizia a 18 anni compiuti e termina a 60 anni incominciati. Tuttavia, i fedeli sono dispensati dall’obbligo del digiuno in taluni casi.

La regola del digiuno obbliga a fare un solo pasto durante la giornata, ma non proibisce di prendere un po’ di cibo al mattino e alla sera. L’acqua e le medicine sia solide sia liquide si possono assumere liberamente.I Vescovi riuniti nella CEI hanno concesso la facoltà ai singoli fedeli di commutare l’osservanza dell’astinenza in tutti i venerdì che non sono di Quaresima con qualche altra opera di penitenza, di preghiera o di carità, a discrezione del singolo fedele; hanno consigliato inoltre di osservare il digiuno e l’astinenza nel giorno di Sabato Santo fino alla Veglia Pasquale.

 

 

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infermi2021L’esperienza della malattia ci fa sentire la nostra vulnerabilità e, nel contempo, il bisogno innato dell’altro; sperimentiamo in maniera evidente la nostra dipendenza da Dio. Quando siamo malati, infatti, l’incertezza, il timore, a volte lo sgomento pervadono la mente e il cuore; ci troviamo in una situazione di impotenza, perché la nostra salute non dipende dalle nostre capacità o dal nostro “affannarci” (cfr Mt 6,27).

La malattia impone una domanda di senso, che nella fede si rivolge a Dio: una domanda che cerca un nuovo significato e una nuova di-rezione all’esistenza, e che a volte può non trovare subito una ri-sposta. Gli stessi amici e parenti non sempre sono in grado di aiu-tarci in questa faticosa ricerca. Emblematica è, al riguardo, la figura biblica di Giobbe. La moglie e gli amici non riescono ad accompa-gnarlo nella sua sventura, anzi, lo accusano amplificando in lui solitudine e smarrimento. Giobbe precipita in uno stato di abbandono e di incomprensione. Ma proprio attraverso questa estrema fragilità, respingendo ogni ipocrisia e scegliendo la via della sincerità verso Dio e verso gli altri, egli fa giungere il suo grido insi-stente a Dio, il quale alla fine risponde, aprendogli un nuovo orizzonte. Gli conferma che la sua sofferenza non è una punizione o un castigo, non è nemmeno uno stato di lontananza da Dio o un segno della sua in-differenza.

Così, dal cuore ferito e risanato di Giobbe, sgorga quella vibrante e commossa dichiarazione al Signore: «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto» (42,5).

La vicinanza, infatti, è un balsamo prezioso, che dà sostegno e consolazione a chi soffre nella malattia. Uniti a Cristo per l’azione dello Spirito Santo, siamo chiamati ad essere misericordiosi come il Padre e ad amare, in particolare, i fratelli malati, deboli e sofferenti (cfr Gv 13,34-35). E viviamo questa vicinanza, oltre che personalmente, in forma comunitaria: infatti l’amore fraterno in Cristo genera una comunità capace di gua-rigione, che non abbandona nessuno, che include e accoglie soprattutto i più fragili.

Dal Messaggio del papa per la 34a Giornata mondiale del malato

 

MESSA CON UNZIONE DEGLI INFERMI
In occasione della Giornata mondiale del malato, GIOVEDÌ 11 FEBBRAIO
nelle nostre comunità saranno celebrate due sante messe
(ore 16.30 a Voltabrusegana, ore 18.30 a Mandria)
durante le quali sarà amministrato il sacramento dell’unzione degli infermi.
Vi invitiamo ad accompagnare a queste celebrazioni chi potrebbe averne bisogno: familiari, ma anche persone sole che abitano nella vostra via.

 

 

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carimandriaPresso il patronato di Mandria è sempre attivo lo Sportello Caritas che fornisce aiuto a quanti si trovino in stato di difficoltà e bisogno, accentuati ora dall’emergenza Covid.
Ringraziamo chi volesse contribuire a questo servizio donando specialmente: latte a lunga conservazione, riso, legumi in scatola, caffè, olio (possibilmente) di oliva, pane nel formato “pan bauletto”, dentifrici, spazzolini da denti, shampoo, bagnodoccia, assorbenti igienici, pannolini per bambini di 5-6 mesi, indumenti pesanti e calzature invernali in buono stato.
Le donazioni potranno essere consegnate allo Sportello Caritas, aperto tutti i martedì dalle 16.00 alle 18.00.

La Caritas di Mandria

 

Desideriamo ringraziare i volontari e i benefattori del Progetto La manna, di cui trovate ulteriori informazioni leggento il seguente articolo https://www.voltamandria.it/comunita/carita/centro-mondo-amico/598-operazione-la-manna. Grazie alla generosità di tutti loro nei giorni scorsi sono stati raccolti e distribuiti altri 50 quintali di frutta e verdura a persone, comunità e associazioni che ne avevano bisogno.

Un sentito ringraziamento anche al Gruppo feste e sagre di Voltabrusegana per l’iniziativa del pranzo per asporto di domenica 24 gennaio e tutti coloro che vi hanno aderito: le offerte raccolte saranno di aiuto per far fronte alle ingenti spese che la parrocchia deve sostenere.

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sttprecri«Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto» (cfr. Gv 15,5-9): le parole scelte come tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio) di quest’anno erano state rivolte da Gesù ai discepoli in un’ora di preoccupazione, incertezza per il futuro e sofferenza, subito prima della sua Passione.

Oggi l’umanità intera sta attraversando una stagione di grande sofferenza, colpita nel profondo dall’epidemia di Covid-19 e dalle sue devastanti conseguenze sociali, economiche e morali. Non c’è nazione che non abbia avuto i suoi dolori e anche coloro che sono stati risparmiati devono fare i conti con la crisi che ne è scaturita.

La risposta di Gesù nell’ora della prova indica una strada inedi-ta, che, allo stesso tempo, ha le sue radici più profonde nella Parola di Dio: «Io sono la vite, voi i tralci». Gesù vuole rassicu-rare tutti noi tralci, ci chiede di non temere davanti alle difficoltà e ai tempi bui: la forza, l’energia vitale proviene da lui, non la dobbiamo cercare in noi stessi, o altrove. E il Signore non dimentica nessuno, neanche i rametti più piccoli e lontani, oppure quelli più nodosi e incalliti dal tempo; di tutti si prende cura.

È un’indicazione davvero preziosa per noi, cristiani di diverse confessioni. Ogni fronda, ogni tralcio non è mai uguale all’altro, ha avuto un suo sviluppo, produce foglie e frutti in quantità diversa, ma non è questo che importa al Signore. L’importante, infatti, è rimanere in lui. E noi lo possiamo fare insieme, proprio in questo tempo difficile.

«Rimanete in me»: Gesù chiede a ciascuno di noi di non fuggire via, arroccati sulle nostre posizioni, presi dalle nostre idee o dalla tentazione di ripiegarci e chiuderci in noi stessi. Rimanere in Gesù vuol dire rimanere nel suo amore, e quell’amore ci fa uscire, ci spinge verso gli altri,specialmente verso i più deboli, i perife-rici, i poveri ed i sofferenti, come Gesù stesso ci ha insegnato uscendo e percorrendo le strade del suo tempo.

La divisione, frutto amaro del male, vanifica gli sforzi per ottenere risultati concreti. Da soli, non possiamo nulla! In questo tempo abbiamo scoperto quanto siamo connessi, quanto davvero apparteniamo tutti all’unica famiglia umana, pur nelle nostre differenze.

Dal sussidio per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2021

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tentazioneSicuramente il cambiamento che ha avuto un impatto maggiore nella nuova traduzione del Messale è quello del Padre nostro. Siamo invitati a non dire più «e non ci indurre in tentazione», ma «e non abbandonarci alla tentazione». Perché questo cambiamento? È giusto? Ma allora era sbagliato quello che dicevamo prima?

Mi metto nei panni di un parroco che deve rispondere ai suoi parrocchiani, oppure di un catechista che ne parla con i ragazzi o i genitori che accompagna. La prima cosa che farei è tranquillizzare: non è cambiato l’originale, né del messale (che è in latino) né dei vangeli (che sono in greco); si tratta solo di una nuova traduzione italiana, più vicina al linguaggio e alla sensibilità dei nostri giorni. Ogni lingua infatti col tempo cambia; l’italiano di oggi non è quello di Dante e Petrarca, ma neanche esattamente quello che parlavano i nostri nonni (ammesso che parlassero italiano…).

L’evangelista Matteo, quando scrive le parole del Padre nostro (cfr. Mt 6,13), usa un verbo composto, che alla lettera significa «condurre dentro»; potremmo tradurre così l’invocazione della preghiera del Signore: «e non condurci dentro la tentazione». Nei primi secoli del cristianesimo, quando si è tradotto la Bibbia e la Liturgia in latino, si è pensato di usare il verbo inducere, che significa proprio «introdurre», «far entrare». È stato facile, passando all’italiano, rendere il latino inducere con il verbo «indurre». Ecco spiegato perché abbiamo pregato per decenni dicendo: «e non ci indurre in tentazione».

Oggi però, in qualunque dizionario della lingua italiana, troviamo scritto che il verbo «indurre» ha un significato negativo; ci fa pensare a qualcuno che cerca di farci fare qualcosa di sbagliato, contro la nostra volontà. L’italiano, cioè, ha perso quel significato che era prevalente in latino e prima ancora in greco; non diremmo mai, per esempio, che gli amici del paralitico «cercavano di indurlo e di metterlo davanti a Gesù», (Lc 5,18). Eppure in greco c’è lo stesso verbo del Padre nostro; ma in italiano lo abbiamo tradotto con «cercavano di farlo entrare». La traduzione precedente della preghiera di Gesù, quella che tutti abbiamo già a memoria, non era dunque sbagliata; però è imprecisa, perché non rende più il significato originale, quello che c’è nei Vangelo secondo Matteo e Luca. È l’italiano che è cambiato, non i Vangeli.

La domanda che ci poniamo è dunque: qual è l’idea che sta sotto all’invocazione che Gesù ci insegna e come renderla bene in italiano? Gesù ci insegna a chiedere al Padre che non ci faccia entrare nella tentazione: è un modo con cui si esprime non tanto l’idea che sia Dio a condurci (o non condurci) nelle sabbie mobili della tentazione, ma che lui ci può aiutare a non finirci dentro. Non abbandonarci nelle mani della tentazione, non lasciarci soli se vedi che stiamo entrando nel bosco scuro della tentazione. «Non abbandonarci alla tentazione» non è una traduzione letterale, ma rende bene il senso dell’invocazione di Gesù, “tradotto” nel nostro contesto culturale e teologico. Come dice la lettera di Giacomo, «nessuno, quando è tentato, dica: “Sono tentato da Dio”; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno. Ciascuno piuttosto è tentato dalle proprie passioni, che lo attraggono e lo seducono» (Gc 1,13-14); in questa lotta per non cadere nella tentazione, chiediamo al Padre che sia al nostro fianco. Nelle prove, nelle difficoltà, quando vedi che il maligno ci tenta, non abbandonarci, ma liberaci dal male; rimani con noi, lotta con noi, perché sei nostro Padre. E senza di te non possiamo far nulla.

(Testo tratto da Lettera Diocesana 2020/08)

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